venerdì 28 marzo 2008













Cesare pavese
PAESI TUOI

TEMA: dopo un breve riassunto, motiva il disagio esistenziale di Berto

In questo breve romanzo Pavese descrive alcuni giorni della vita di Berto, macchinista torinese, che è protagonista e io narrante della storia.
Egli nella prigione in cui era stato rinchiuso per aver incidentalmente investito un ciclista conosce un goffo contadino di nome Talino.
Appena vengono liberati, Berto, senza casa e senza lavoro, si fa convincere dal compagno a seguirlo in campagna nel suo paese, Monticello, dove avrebbe potuto occuparsi delle macchine agricole sotto modesto compenso. Dopo qualche tentennamento e dopo aver passato la notte dalla donna di un suo vecchio amico, finalmente si decide a partire.
Giunti a destinazione, il protagonista è da subito ammaliato e al contempo spaventato dalla vita di campagna, dalla sua sensualità, dal suo sapore brusco e primitivo, dai suoi ritmi lenti e scanditi; in parte preso dal clima e dalla atmosfera del luogo, in parte estraneo e sfuggente, si innamora di una delle sorelle di Talino, Gisella.
Ben presto però si scontra con gli aspetti più brutali e nascosti della vita rustica e della famiglia dalla quale è stato accolto: il suo compagno si rivela selvaggio e istintivo, quasi pazzo, al punto da avere avuto rapporti incestuosi con Gisella e da aver bruciato la casa ad un rivale (motivo per cui era stato arrestato).
Dal momento in cui Berto viene a conoscenza di queste cose, la situazione comincia a precipitare, si moltiplicano i litigi, i disagi e le incomprensioni fra tutti i personaggi fino a sfociare nell’ultimo drammatico atto della storia, nel quale Talino, folle di gelosia per l’amore di Berto con la sorella, la uccide barbaramente con un forcone.
Il libro si conclude nel pianto e nel sangue con l’agonia di Gisella, l’arresto dell’assassino e la fuga del protagonista dalla bestialità di un mondo che lo sbigottisce.

La prima impressione nella lettura del romanzo è che l’autore vi scarichi molta della propria angoscia e del proprio disagio, concentrandoli nella figura di Berto.
Questo modesto personaggio, di origini cittadine, è all’inizio della storia un uomo evidentemente solo, privato di tutto se non della libertà personale, in cerca vagamente di qualcosa che lo soddisfi, che non ha trovato nella vita sfrenata della città e che prova a trovare nella campagna.
Giunge a Ponticello senza portarsi dietro niente dalla sua esistenza passata, a parte un certo scetticismo e qualche schema mentale; sembra un uomo smarrito, che vaghi cercando a tentoni qualcosa per cui vivere, un punto a cui appartenere, e viene continuamente disilluso e frustrato dalla realtà che incontra.
La sua vita è quindi ridotta alla mera sopravvivenza e alla ricerca di un po’ di divertimento, offertogli dalle donne, dal gioco o dal fumo.
Egli, così come l’autore stesso confessava di avere, ha una grande difficoltà a comunicare e ad instaurare con altri uomini un rapporto che non sia epidermico. Non trova nessuno che provi o manifesti il suo stesso disagio ed è quindi tremendamente solo.
Inizia dunque il romanzo vero e proprio con un cambiamento: il protagonista si imbatte in qualcosa di nuovo e di strano, dal quale, al di là dello scetticismo e del timore iniziali, è immediatamente colpito e affascinato, la vita campagnola.
Allora l’esigenza si riaccende e ricomincia la ricerca, e Berto vive, si innamora, si fa prendere da quella realtà primitiva e originale che è la vita contadina, ripercorrendo il tentativo di Pavese stesso, che nelle proprie umili origini aveva cercato ciò che né gli studi né la vita di scrittore gli avevano offerto.
Purtroppo, proprio come il proprio autore, il macchinista viene deluso e disilluso ancora una volta. Egli si accorge che la vita spensierata che vede è solo una illusione fondata sul vivere istintivamente, che il rapporto con Gisella non lo soddisfa, anche perché, come tutto ciò che è umano, presto o tardi finisce. Si scopre incapace di amare, tanto che alla morte di lei, non prova un vero umano dolore, ma solo una istintiva paura della fatalità, una tristezza e un rimpianto della allegria perduta.
Berto esce dalla vicenda ancora più scettico e deluso di come vi era entrato, senza aver trovato niente, fuggendo dalla follia campagnola, in cerca di un punto di interesse per la propria vita.
Pavese ci da solo uno spaccato dell’esistenza di quest’uomo, documentando attraverso di esso il proprio disagio esistenziale, la propria disperata ricerca. Egli in vita non troverà mai ciò che bramava, cosa che lo porterà poi al suicidio, e il macchinista torinese è intriso dello sgomento di questa infruttuosa caccia al significato.