mercoledì 21 maggio 2008

LA PERDITA DELLA PIAZZA
COME INDICE DELLA PERDITA DELLA TRADIZIONE

Il termine piazza da un punto di vista tecnico indica uno spazio lastricato vuoto ben delimitato che interrompe il tessuto urbano e che si distingue dalla strada per una maggiore ampiezza e ariosità (definizione enciclopedia Laurusse).
Si tratta di un fenomeno urbanistico quasi universalmente rilevabile nelle città e nei paesi di presenti e passati di tutti i continenti e le culture, dal momento che nasce come luogo di incontro, di confronto fra persone e di decisione ed è quindi necessario qualora un gruppo di uomini decida di vivere insieme.
È un tema architettonico infatti presente dalla più remota antichità (già dal neolitico) e che attraversa la storia soprattutto europea in tutti i secoli, passando dal modello greco (agorà) a quello romano (foro) a quello medioevale. (Informazioni da Laura Bertoccini, “architettura e funzione della piazza”)
Si può quindi definire la pizza come l’indice di una convivenza umana attiva e volta ad un fine comune, l’indice della presenza di una “comunità”.
Un dato di fatto è che nell’era contemporanea ci si sta allontanando da questa tradizione millenaria.
Scrive W. Grofius: “In Messsico ero rimasto molto colpitto dall’intensa vita del cuore dei villaggi messicani […] Provai a spiegare ai miei studenti che valeva la pena di studiare questo elemento […] Ora so che rifiutarono la mia proposta perché non sapevano di cosa si trattava: non avevano mai visto una cosa simile”.
La piazza infatti sta scomparendo, perché la società non ne ha più bisogno. Ha perso la funzione di luogo dove informarsi, discutere e condividere idee con altre persone, sostituita da mezzi più comodi ed efficienti come Internet o la televisione, che però non favoriscono i rapporti umani, ma la passività (per guardare la tele non serve una posizione attiva).
Si sta smarrendo inoltre anche la funzione commerciale a causa della nascita di enormi centri commerciali che vendono di tutto, dagli alimentari all’abbigliamento, offrendo una concorrenza quasi insostenibile per i singoli negozi.
Una prova dell’allontanamento dalla piazza la si trova in periferia, dove non si costruisce sopra un impianto urbano antico e dove quindi le piazze non sono inevitabili: laddove si edifica su terreno vuoto compaiono esclusivamente slarghi agli incroci con funzione viabilistica, e nessuna piazza. Descrive la Bertolaccini le città moderne: “ spazi senza qualità si susseguono in una sequenza indifferente a qualsiasi contesto, omologano le città le une alle altre, confondono i ricordi” evidenziando un modello ben diverso da quello della “veneta piazzetta” di Penna.
Sussistono tuttavia ancora alcune piazze, anche in periferia: quelle derivate dal centro degli antichi borghi, e puntualmente frequentate dall’anzianità, e quelle legate alla Chiesa.
Questa osservazione porta a due riflessioni rilevanti. La causa profonda del fenomeno di scomparsa che sto analizzando non va ricercata esclusivamente nell’aspetto socio-economico, ma in un particolare cambiamento della popolazione. È in corso un fenomeno di disgregazione umana, osservato anche da Berlicche, di Tempi: la gente vive sola, non sente più di appartenere a niente, non ha più la necessità di sentirsi parte di una comunità che lavori per, un fine.
Questa cosa ha naturalmente ripercussioni nella struttura urbana ed in particolare nelle piazze, poiché esse sono il “palcoscenico” della comunità: “la piazza ospita le attività non programmate, spontanee, e in questo senso diventa propaggine del laboratorio culturale” riporta Dini delle parole di Renzo Piano, ma qualora si metta in crisi l’idea di comunità e di rapporto umano, la piazza perde significato.
Essa sussiste in luoghi dove il senso di unità sia ancora rilevante: vicino alle chiese, oppure nei paesi rustici o montani isolati dove la gente è legata da una tradizione comune.
Ed ecco allora la seconda riflessione: la perdita della comunità corrisponde alla perdita della tradizione e della memoria. Infatti, in una società di individui che si muovono per se stessi non c’è bisogno di tradizione, che viene abbandonata.
La scomparsa delle piazze è di conseguenza anche l’indice di una perdita della memoria, ed è inutile oltre che sbagliato pensare di poterla recuperare agendo solo sull’impianto urbano; ha senso invece dare credito e aiutare quelle realtà che tengono in vita i valori su cui andrebbe fondata la società, nel nostro caso europea, favorendo il senso comunitario.